Dall’esercizio fisico un aiuto contro la fibrillazione atriale
Un aiuto contro la fibrillazione atriale, il disturbo del ritmo cardiaco che fa battere il cuore velocemente e in modo irregolare, potrebbe arrivare dall’attività fisica. Lo rileva una ricerca dell’Università di Adelaide, in Australia, presentata all’edizione 2021 virtuale del congresso Esc, della Società europea di cardiologia. Continua a leggere per scoprire di più!
Fibrillazione atriale: di cosa si tratta
La fibrillazione atriale è un’aritmia sopraventricolare innescata da impulsi elettrici provenienti da cellule muscolari miocardiche presenti a livello della giunzione tra le quattro vene polmonari e l’atrio sinistro. Nella fibrillazione atriale l’attività elettrica degli atri è completamente disorganizzata e non corrisponde a un’attività meccanica efficace. Dal punto di vista clinico, si suddivide in base al modo di presentazione in:
- Parossistica: quando gli episodi si presentano e si risolvono spontaneamente in un tempo inferiore a una settimana.
- Persistente: quando l’episodio aritmico non si interrompe spontaneamente, ma solo a seguito di interventi terapeutici esterni.
- Permanente: quando non siano ritenuti opportuni tentativi di cardioversione, o gli interventi terapeutici si siano dimostrati inefficaci.
I sintomi
La fibrillazione atriale ha una prevalenza globale in costante aumento: si stima che superi i 30 milioni di persone. La maggior parte dei pazienti ha più di 65 anni e gli uomini sono generalmente più colpiti rispetto alle donne. Il disturbo è spesso associato a sintomi, quali: palpitazioni, dispnea, debolezza o affaticabilità, raramente sincope, dolore toracico. In alcuni casi la fibrillazione è asintomatica o se sono presenti sintomi non vengono riconosciuti dal paziente, che si limita ad adeguare il proprio stile di vita, ad esempio riducendo la tolleranza allo sforzo.
Lo studio
Lo studio australiano ha assegnato in modo casuale 120 pazienti con malattia sintomatica a un intervento di esercizio o a cure abituali per sei mesi. L’intervento includeva esercizio supervisionato (settimanale per tre mesi, quindi quindicinale per altri tre) e un piano settimanale individualizzato da seguire a casa. Nel corso dei sei mesi l’obiettivo era aumentare l’esercizio aerobico fino a 3,5 ore alla settimana. I partecipanti che hanno svolto la funzione di gruppo di controllo hanno invece ricevuto consigli sull’esercizio, ma nessun intervento attivo e tutti i pazienti hanno ricevuto le consuete cure mediche dal cardiologo.
I dati emersi
È stata osservata in coloro che avevano svolto gli esercizi una significativa riduzione della gravità dei sintomi a 12 mesi rispetto al gruppo di controllo. “Ciò significa – evidenzia Adrian Elliott, autore della ricerca, in una nota dell’Ansa – che i pazienti hanno riportato palpitazioni meno gravi, meno mancanza di respiro e affaticamento. Non solo: dall’analisi è emerso che un numero maggiore di pazienti nel gruppo che ha fatto gli esercizi potrebbe mantenere un ritmo cardiaco normale senza bisogno di interventi invasivi o uso continuato di farmaci“. “Come guida generale – conclude – i pazienti dovrebbero sforzarsi di svolgere fino a 3,5 ore a settimana di esercizio aerobico e incorporare alcune attività di maggiore intensità per migliorare la forma cardiorespiratoria”.
Fab SMS promuove attivamente la cultura del benessere e realizza Piani Mutualistici su misura per te e per i tuoi cari. Clicca qui per scoprire di più: Chi siamo.