Nuovi scenari con Intelligenza artificiale e Big Data
Clinici ed esperti di Intelligenza artificiale si sono alleati per cercare nuovi varchi che possano aiutare a capire meglio le cause dell’Alzheimer e a trovare possibili soluzioni terapeutiche. Scopri di più!
Lo studio effettuato utilizzando l’Intelligenza artificiale
È possibile prevenire l’insorgenza dell’Alzheimer utilizzando l’Intelligenza artificiale? Questa la domanda alla base di diversi gruppi di studio che stanno avvenendo a livello internazionale. I ricercatori dell’Università di Chieti-Pescara e della University of California-Irvine hanno da poco pubblicato un lavoro sul Journal of Alzheimer’s Disease utilizzando un’enorme banca dati che raccoglie informazioni su migliaia di pazienti con l’Alzheimer e un modello di machine learning messo a punto dalla società informatica ASC27. Coordinato dal professor Stefano Sensi direttore del Dnisc, Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche dell’Università di Chieti e dal Cast, il Centro di Studi e Tecnologie Avanzate, lo studio si è incentrato sull’analisi di alcuni fattori presenti fuori e dentro il cervello nel produrre la transizione che porta da un deficit cognitivo lieve alla demenza. Ciò significa che, se opportunamente identificati, potrebbe essere possibile intervenire in anticipo sui fattori di rischio che determinano l’Alzheimer e cambiarne il decorso.
L’utilizzo di big data per intercettare nuovi fattori di rischio
A fornire i big data necessari allo studio ci ha pensato l’Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative che raccoglie i dati, comprese le immagini Mri e Pet, la genetica, i test cognitivi, il liquido cerebrospinale e i biomarcatori del sangue come predittori della malattia. Oltre a raccogliere tutte le informazioni classiche sulla patologia, Adni offre una serie di parametri apparentemente non collegati, cioè che coinvolgono tutto quello che avviene fuori dal sistema nervoso. Quindi, il gruppo coordinato dal professor Sensi ha messo a punto un algoritmo che è andato ad analizzare l’insieme di dati.
La diagnosi
Per arrivare a una diagnosi con un’accuratezza tra l’85 e il 97%, la macchina si è servita di parametri di diagnosi classici, ma ha anche evidenziato delle associazioni tra fattori extracerebrali come per esempio i livelli di alcuni acidi biliari ed altri metaboliti e la possibilità di sviluppo di processi neurodegenerativi. In questo modo si sono identificate delle vie alternative, dei possibili meccanismi di malattia ignoti o poco esplorati che potrebbero avere importanti risvolti sulla prevenzione e sulla cura dell’Alzheimer.
Le speranze per il futuro
Gli studi fondati sull’Intelligenza artificiale possono rappresentare piccoli e grandi passi avanti, per quanto riguarda i dati biologici e quelli collegati ai fattori di rischio così da impostare interventi preventivi, da adottare sia a livello globale sia nel singolo individuo con MCI (o “smemoratezza benigna”), modificando uno o più fattori di rischio, che potrebbero facilitare la transizione all’Alzheimer.
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